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LA FORMAZIONE ED I FABBISOGNI PROFESSIONALI DELLE IMPRESE ORAFE VICENTINE

La formazione ed i fabbisogni professionali delle imprese orafe vicentine

L’indagine sul fabbisogno di formazione e di lavoro nelle imprese orafe vicentine è un eccellente osservatorio su questo settore, così profondamente radicato nel territorio berico, dopo una crisi che ne ha fortemente ridimensionato la consistenza significativa.

Ricordiamo tutti i volumetti del Censis negli anni Settanta e Ottanta che censivano oltre 11.000 addetti e oltre 1.000 imprese. Oggi viaggiamo tra il 30 e il 40% di quei numeri ma la notizia vera è che il distretto non è defunto e si presenta sulla scena con un ritrovato gusto di competere e, dopo una durissima selezione darwiniana, anche di crescere.
Da questo punto di vista è molto indicativa la prima risposta e le correlazioni conseguenti. Le aziende che nel prossimo futuro potrebbero avere bisogno di figure professionali tradizionali – in particolare assemblatori e lustraresse - sono prevalentemente quelle con più di nove addetti e parallelamente quelle nate dopo il 2010. E’ un’indicazione molto netta, nel segno della necessità di nuova energia motivazionale e di strutturazione da parte delle imprese e, allo stesso tempo, di una significativa conformazione artigiana dei prodotti, dei processi, ma anche dei mercati (di nicchia), dei volumi piccoli di prodotto e di trasformazione continua dei cataloghi per la mutevolezza delle mode e la turbolenza dei mercati. 
In questo senso le tecnologie 4.0 sono di fatto ancora delimitate soprattutto nell’area della “concezione” del prodotto e della speciale tecnica costruttiva, ma non hanno ancora esteso il loro potenziale di versatilità. Le figure professionali innovative, infatti, sono soprattutto il design 3D e la saldatura al laser e ancora una volta troviamo in pole position le aziende più “fresche” dal punto di vista motivazionale, nate dopo il 2010 mentre è maggiormente sfumato l’indicatore dimensionale che qui riguarda anche le aziende sotto i nove dipendenti.


Il rapporto con il mercato del lavoro evidenza che quasi metà del campione ha fatto assunzioni negli ultimi tre anni (41,3%), ma con una particolare accelerazione nel 2018 (oltre metà del 41,3%) per la quasi totalità da parte di aziende sopra i sei e i nove dipendenti e nate dopo il 2000 e il 2010. Come per i fabbisogni, gli inserimenti trovano una particolare area di vitalità nell’accoppiamento di strutturazione e di freschezza motivazionale. Per converso è significativo che il 91% delle microimprese non ha fatto nessuna assunzione negli ultimi tre anni, quasi a decantare un processo di graduale dismissione.


I canali utilizzati per la ricerca del nuovo personale forniscono uno spunto di riflessione notevole, proprio ai fini di una maggiore organizzazione e programmazione dell’incontro tra domanda e offerta. Se il canale ultra maggioritario, il classicissimo “passaparola”, testimonia ancora la vitalità dell’informale e il valore delle relazioni di prossimità (di territorio, di settore, di specializzazione), esso contrasta fortemente con l’adozione di strategie di strutturazione da parte delle aziende. La riflessione è proprio questa: le imprese in via di strutturazione sono anche quelle “iperfocalizzate”, o autocentrate, per usare un lessico a metà strada tra l’economia d’impresa e la psicologia sociale. Esse, infatti, non applicano all’esterno la stessa ricetta – la focalizzazione – che applicano al proprio interno: ne viene che la ricerca del personale segue i vecchi criteri ed è poco incline a prendere la via della “strutturazione” (previsione, pianificazione, formalizzazione). Certo, la via delle agenzie di reclutamento sono più gettonate nelle aziende più grandi, ma scuole e CPI assumono le percentuali maggiori nelle microimprese. E’ da sottolineare che il passaparola si riduce quando le aziende sono giovani e in proporzione inversa cresce il ruolo della scuola. Pesano molto poco i canali delle categorie, il web e garanzia Giovani dove è più vivace la piccolissima impresa. La demografia giovane d’impresa, quindi, erode il passaparola, che scende dal 70 al 40% mentre premia molto di più il rapporto con le scuole. Questo è un cambiamento significativo per darci punti di riferimento. 
Per quel che riguarda la formazione per l’inserimento è estremamente conosciuta, da tre quarti delle aziende, la Scuola d’Arte e Mestieri che peraltro eredita una storia dal blasone prestigioso, mentre vanno certamente più promozionati l’ITS e la formazione professionale duale. Lo strumento dell’alternanza è ancora minoritario ma significativo (37%), ma le aziende che vi ricorrono per tre quarti sono molto positive su questa modalità di apprendimento basico. E’ rilevante osservare che viene preferito, come al solito, dalle aziende più strutturate, ma in questo caso non dalle più giovani, anzi la percentuale più alta è di imprese nate prima del 1990, le seniores.
Quasi il 70% delle imprese intervistate ha dichiarato di somministrare formazione continua ai propri dipendenti, e di queste ben il 70% ha dichiarato di fare formazione interna. Qui le parti si invertono, perché i valori più alti spettano alle microimprese e alle aziende seniores. Molto caratteristico è l’andamento “alternato” dei contenuti della formazione, più tecnica e creatività sotto i due dipendenti e sopra i nove, mentre più è grande l’azienda più è rilevante il profilo della formazione per le figure commerciali. Creativi e amministrativi sono in proporzione inversa nelle classi dimensionali intermedie e invece crescono entrambe per le imprese nate dopo il 2010.
La domanda sul 4.0 ha puntato l’indice sul fabbisogno di formazione 4.0 non sulle tecnologie in sé, che come abbiamo detto, hanno una limitata applicazione per ora, nell’oreficeria. Non è un caso che i segmenti più interessati sono di aziende tra 6 e 9 dipendenti e nate tra il 1990 e il 2000, aziende in transizione da tutti i punti di vista, per dimensioni e competenze.
L’ultima domanda sull’opportunità di una struttura esterna di formazione continua precompetitiva ha spaccato perfettamente in due l’universo degli intervistati. Sembrerebbe che a prevalere le risposte affermative siano le aziende a più alta componente artigiana – individuale e di gruppo (6-9 addetti), mentre è interessante decifrare la componente demografica, visto che sono positive le aziende più anziane e le più giovani.
Due osservazioni finali. La prima è che seppure di poco nel campione le società di capitale prevalgono su quelle di persone. La seconda è che i drastici vincoli temporali per la somministrazione del questionario hanno indotto a “disturbare” le imprese nella settimana precedente il Natale piuttosto che quella precedente la Fiera, per riuscire a presentare in questo importante evento i risultati.